Un bilancio a 10 anni dall’ingresso delle start-up in Italia: 15 mila imprese, 1 miliardo di fatturato
Le start-up sono decuplicate in dieci anni, contano più di 50.000 dipendenti e sono diventate un elemento portante dell’economia italiana.
Nel 2012, l’Italia ha regolamentato per la prima volta la figura della start-up innovativa, con il decreto-legge n. 179 del 4 ottobre 2012, voluto dall’allora Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera.
Nel 2013, a un anno dall’introduzione della figura giuridica della start-up nell’ordinamento italiano, sono state iscritte al registro delle imprese 1493 imprese innovative. Dieci anni dopo, questo numero è decuplicato, raggiungendo le 14.749 unità.
Partiamo da questi dati quantitativi per cercare di fare un bilancio dopo dieci anni di start-up. Dal 2012 le aziende sono costantemente monitorate. Sappiamo che sono quasi quindicimila, che il loro fatturato è diminuito di poco più di un miliardo di euro, che impiegano più di 50.000 persone tra fondatori e dipendenti e che hanno un valore medio di produzione di 163.000 euro, anch’esso in calo. Inoltre, più di due su tre hanno fino a quattro dipendenti e otto su dieci hanno un capitale inferiore a 100.000 euro.
Dal punto di vista finanziario, un’impresa su due è in perdita. Se a prima vista questo dato può sembrare un allarme, il Ministero dello Sviluppo Economico rassicura che in realtà si tratta di una circostanza fisiologica. Queste aziende, partendo da zero, investono in attività con un alto livello di innovazione e contenuto tecnologico, quindi hanno bisogno di più tempo per entrare nel mercato.
Per quanto riguarda i servizi forniti, il 75% delle start-up innovative fornisce servizi alle imprese, con una prevalenza delle seguenti specializzazioni: produzione di software e consulenza informatica, 38,8%. Attività di ricerca e sviluppo, 14,4%. Attività dei servizi di informazione, 8,8%), mentre il 16,0% opera nell’industria manifatturiera (principalmente: fabbricazione di macchinari, 2,9%, fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici, 2,2%;), il 3,0% opera poi nel commercio.
Bisogna dunque chiedersi come si svilupperà in un futuro prossimo il mercato delle start-up. Il 2022 dovrebbe segnare un nuovo record di crescita, se si considera che solo nei primi sei mesi dell’anno è stato investito nelle imprese innovative il 30% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un totale di 996 milioni di euro. Tuttavia, il Bel Paese non è ancora il luogo migliore per fare impresa innovativa. Ci sono ancora distanze culturali rispetto a un certo modo di fare e finanziare queste aziende. Solo per dare uno sguardo oltre i confini nazionali, secondo diversi osservatori, nel 2021 sono stati investiti 10,2 miliardi di euro in Francia, 9 in Germania, 4,5 in Spagna. L’Italia si è fermata a 1,4 miliardi. In ogni caso, anche se in questo settore siamo ancora indietro rispetto ai principali Paesi europei, è certo che il divario si sta riducendo.
Il mercato dell’innovazione in Italia è infatti in costante crescita, trainato dai settori della finanza e delle tecnologie alimentari. Prendiamo l’esempio di Scalapay, che ha raccolto 497 milioni di dollari in un round di finanziamento di serie B, raggiungendo un totale di circa 700 milioni di dollari di finanziamenti ricevuti.
La legislazione nazionale, il coraggio dei primi avventori ed il genio delle prime start up premiate stanno contribuendo a gettare le basi per costruire qualcosa di solido.